venerdì 20 gennaio 2012

ZEUS E LE SUE AMANTI




Eccoci qui ragazzi,scusate se nn ho più postato,ma tra gli esami dell'università e il caldo torrido non avevo neppure la forza di alzare una paglia da terra!!!

Ok dai,basta perder tempo,continuiamo a parlare delle amanti di Zeus,quest'arzillo vecchietto che di tempo invece certo non ne perdeva!!!

ZEUS E DIONE

Nella mitologia greca Dione (in greco Διώνη, forma femminile di Zeus) è una titanide, figlia di Urano e di Gea, o, secondo un'altra versione, una delle Oceanine, figlia del titano Oceano e della titanide Teti.

Una tradizione fa di Dione la sposa di Zeus e la madre di Afrodite, che nel V canto dell'Iliade si rifugia ferita tra le sue braccia, per questa sua caratteristica venne chiamata "Dionea".

Dione, assimilata alla Dea Madre era venerata insieme a Zeus nel santuario di Dodona. Le loro sacerdotesse erano chiamate Peleiadi.

AFRODITE la dea greca dell'amore, dai Romani identificata con Venere, è di origine fenicio-babilonese. Anche il suo nome stesso, benché in seguito posto in rapporto con la parola greca aphor " schiuma " con allusione alla sua nascita dalla schiuma del mare, pare sia semitico; si potrebbe persino pensare al medesimo etimo che troviamo nel nome degli Ebrei e di Abramo. Attenendoci a quanto scrive Erodoto (I, 105) parlando del santuario di Afrodite Urania che sorgeva ad Ascalona in Fenicia: " Questo santuario è, per quanto io ho trovato nelle mie ricerche, il più antico di tutti i santuari di questa dea, perché il santuario di Cipro è derivato da questo, come affermano gli stessi Ciprioti, e anche il santuario di Citera lo eressero alcuni Fenici, che provengono da quella stessa parte della Siria ". Queste annotazioni dello storico coincidono perfettamente con i racconti mitologici dei poeti: a Cipro alludono l'epiteto di Ciprigna usato da Omero e quello di Ciprogene con cui Esiodo chiama Afrodite. Nell'Odissea si parla inoltre del santuario della dea a Pafo nell'isola di Cipro. All'isola di Citera si richiama l'appellativo di Citerea già usato nell'Odissea; Esiodo ci racconta che la dea sarebbe nata dal mare nei pressi di quest'isola per poi passare a Cipro.

In occidente, il culto di Afrodite ebbe il suo maggiore centro in Sicilia sul monte Erice, dove esisteva un santuario punico dedicato a Tanit. Vi si praticavano riti di fecondità e, pare, anche la prostituzione sacra. Dalla Sicilia il culto della dea si diffuse in Italia fino a Roma, dove fu venerata col nome di Venus Erycina.

Ma per quanto nella sua genesi dea asiatica della fecondità, Afrodite in Grecia perde tutto quanto possa rammentare questa sua discendenza e diventa una divinità squisitamente ellenica. Pare per altro che in Grecia la sua immagine si sia fusa con quella di una antica divinità indigena, altrimenti non si spiegherebbe perché Pausania la chiami " la più vecchia delle Moire " ed Epimenire la faccia sorella delle Moire e delle Erinni. Anche i suoi rapporti con un dio tristo e sanguinario come Ares, dal quale avrebbe avuto Demo e Fobo (il Terrore e la Paura), ma pure Armonia, fanno ritenere che sulla figura di Afrodite abbia influito qualche antica divinità legata alla terra.

Per Omero, Afrodite è figlia di Zeus e di Dione. Esiodo invece ci racconta nella sua Teogonia un altro mito, probabilmente più antico, che pur partendo dal mito cosmico del Cielo e della Terra, ci dà un'Afrodite perfettamente greca. Narra dunque Esiodo che Urano, il dio del Cielo, si stese nell'amplesso amoroso sulla Terra, quand'ecco sul più bello sopraggiungere Crono che lo mutila. Il membro staccato galleggia sulle onde finché non si trasforma in bianca spuma nella quale si forma la fanciulla divina. Possiamo proseguire il racconto con le parole del VI Inno omerico:

... La potenza di Zeffiro, l'umido stormitore, duttile la rapì dalle onde del mare che sempre scroscia.

Le Ore dal diadema d'oro salutanti la coprirono di vesti immortali, il capo le cinsero del serio d'oro mirabilmente intrecciato. Nel forellino del lobo d'orecchio le misero fiori preziosi d'oro e ottone, indi ornarono il delicato collo e il seno lucente di collane d'oro di cui esse stesse si fregiano, allorché, cerchi d'oro nei capelli, si recano all'amena danza degli dei e alla casa del padre. Compiuta l'opra, portarono Afrodite, tutta splendida com'era ornata, agli immortali. " Benvenuta " essi esclamarono, porsero la man destra e ognun la desiderò quale sposa da condurre alla propria magione. Stupore così e meraviglia destò Citerea dalle ghirlande di violette.

Nata dal mare, Afrodite veniva venerata dai naviganti, non come Poseidone, ma come colei che rende il mare bello e tranquillo e sicura la navigazione. Le era sacro il delfino, l'allegro accompagnatore dei naviganti. Lucrezio dice: "Quando tu vieni, fuggono i venti e si dileguano le nuvole; per te la terra la fiorire il leggiadro ornamento dei fiori, per te sorride lo specchio delle acque del mare, e gli spazi lucenti del cielo splendono in silenzio ".

Afrodite ammansisce dunque non soltanto il mare, ma rende bella anche la terra. Ella è la dea della primavera in fiore. Le sono sacre le rose, ma anche molte altre piante, quali il melograno e il mirto. Anche la mela, antico simbolo dell'amore, si trova nella sua mano.

Se la primavera è la stagione dei fiori, essa è anche la stagione che invita all'amore. Dice il V Inno omerico:

Cantami, o Musa, le opre dell'aurea Afrodite Ciprigna, che risveglia la soave brama dei numi, soggioga le stirpi dei mortali, gli uccelli alti in cielo e tutte le bestie che in gran copia nutrono la terra e il mare; tutti quanti chiedono i lavori di Citerea ornata di serti.

Era quindi ovvio che Afrodite venisse collegata al matrimonio e alla generazione dei figli, ma in fondo non fu mai la dea dell'unione coniugale, quale fu Giunone. Lei era piuttosto quella potenza che spinge un essere irresistibilmente verso un altro essere. Il mortale non può opporsi alla volontà di Afrodite. " All'impeto violento di Ciprigna l'uomo non può resistere; soave si la dea a chi le cede, ma se trova l'ostinato e altezzoso,, lo tratta con inaudita durezza ", dice Euripide nell'Ippolito.

Afrodite era rappresentata, cinto il corpo di rose e di mirto, su un carro tirato da passeri colombe e cigni. Suo era un cinto miracoloso che rendeva irresistibile chiunque lo possedeva, perché vi erano intessute tutte le malie d'Afrodite, il desiderio e il favellare amoroso e seducente che inganna anche il cuore dei saggi, come diceva Omero. Persino Giunone, i cui rapporti con Afrodite erano improntati a quel miscuglio prettamente femminile di amicizia puntuta e di ripicche valutate, se lo fece prestare allorché Giove aveva per la testa qualche avventura galante.

Accompagnavano Afrodite le Grazie e i geni della bramosia e della persuasione: Eros, Imeros e Peito. Suoi erano " il cicaleccio della fanciulla, l'inganno e la dolce voluttà, l'amplesso e la carezza ", come stabilisce autorevolmente Esiodo.

Ella era la bellezza in persona, la grazia e la leggiadria, e Paride, benché comprato con la promessa della bella Elena, non fu in fondo un giudice ingiusto preferendola a Giunone e Minerva e assegnandole il fatidico pomo con la scritta: "Alla più bella!" gettato dalla Discordia sulla mensa nuziale di Peleo e Teti.

Dopo d'aver concepito, da un abbraccio con l'eroe troiano Anchise, il pio Enea dovette per comando di Giove sposare Vulcano, il dio deforme del fuoco, che ella si affrettò ad ingannare con Marte, dal quale avrebbe avuto due figli, Eros o Cupido, cioè l'Amore, e l'Amore corrisposto, ossia Anteros. Ma Vulcano, al quale avrebbe dato un figlio, Priapo (secondo altri Priapo sarebbe invece nato dall'unione con Bacco), aveva - e non a vanvera - qualche sospetto che Afrodite lo stesse tradendo. Un giorno, sorpresa Afrodite in flagrante con Marte, volle avere la sua vendetta; e, circondato il letto dell'infedeltà d'una rete così ingegnosa che i due amanti vi rimasero accalappiati, li offrì in spettacolo a tutti gli dei accorsi al richiamo del marito tradito (le dee, pudibonde, rimasero nelle loro camere). Gli dei, naturalmente, si fecero delle gran risate sul conto di Vulcano.

Oltre a Marte, numerosi altri amanti furono attribuiti ad Afrodite; fra l'altro Dioniso, che l'avrebbe resa madre delle Grazie e di Imene. Anche da Poseidone, dio del mare avrebbe avuto un figlio, Rodo, la personificazione divina dell'isola di Rodi. Dall'unione con Mercurio infine le sarebbe nato Ermafrodito. Ma la sua grande passione fu Adone che doveva poi cadere vittima della furiosa gelosia di Marte. Anche senza compromettersi, aveva un debole per gli uomini in genere, come ad esempio per Faone cui donò, in compenso d'averla traghettata da Lesbo al continente, una bellezza tale da renderlo mira delle bramosie delle donne, fra cui la poetessa Saffo. Andò a finire che si considerava Afrodite anche la dea della fortuna; la si invocava nel gioco dei dadi.

Per le rappresentanti del proprio sesso, Afrodite invece sembrava - e ciò è molto femminile - non nutrisse soverchie simpatie. Basti pensare quante sventure portò ad Elena, Fedra, Pasifac e tante altre. Anche Psiche, l'amante di suo figlio Amore, venne da lei trattata in modo piuttosto umiliante.

Oltre agli appellativi di Ciprigna, Ciprogena e Citerea, Afrodite aveva fra gli altri i seguenti epiteti:

Anadiòmene (emersa dal mare)

Antheia (dea dei fiori, così chiamata a Creta)

Apostrofìa (sviatrice, sottinteso dalle passioni colpevoli)

Aurea (così la si chiama da Omero in poi)

Callìpigia (dal bel sedere)

Filomète (amante dei piaceri)

Peristèa

Pòntica

Tritònia.

L'epiteto Afrodite Acidalia veniva occasionalmente aggiunto al suo nome, dalla sorgente nella quale era solita fare il bagno, situata in Beozia (Virgilio I, 720). Veniva anche chiamata Kypris o Cytherea, dai suoi presunti luoghi di nascita, rispettivamente Cipro e Citera. L'isola di Citera fu un centro del suo culto. Venne associata con Esperia e spesso accompagnata dalle Oreadi, le ninfe dei monti.

Afrodite aveva una sua festa, l'Afrodisiaco (indicato anche come Afrodisia), che veniva celebrata in tutta la Grecia, ma particolarmente ad Atenee Corinto. A Corinto, i rapporti sessuali con le sue sacerdotesse erano considerati un modo per adorare Afrodite.

Afrodite veniva associata, e spesso ritratta assieme a, mare, delfini, colombe, cigni, melograni, mele, mirto, rose e limoni.

Venere veniva spesso indicata con l'epiteto Venere Ericina ("dell'erica") dal Monte Erice, in Sicilia, uno dei centri del suo culto.

Però,spesso,invece che figlia di Zeus è considerata figlia di Urano, nata dalla spuma del Mar Mediterraneo orientale in una splendente giornata di primavera: appena uscita dalle acque fu trasportata da Zèfiro nell'isola di Citèra (= Cerigo) e poi a Cipro, donde il suo culto si diffuse in tutta la Grecia e in Sicilia. Era immaginata bella e fiorente, tutta riso il sembiante, tutta oro l'abbigliamento; spirava dalla sua persona soave odore d'ambrosia, e allorchè ella si toglieva e dispiegava il cinto della sua bellezza, ogni cosa piegavasi all'incanto che emanava dal suo corpo. Si narra che il suo matrimonio con lo zoppo Efèsto - voluto da Zeus - fosse stato un vero fallimento, tanto ch'essa cercò conforto nell'amore per Ares, dal quale ebbe parecchi figli (Eros, Anteros, Dimo, Fobo, Armonia). Afrodíte amò anche alcuni esseri umani, fra i quali Adone , Bute e Anchise: dall'unione con quest'ultimo le nacque Enea, sicché i Romani la venerarono come loro protettrice, considerandola progenitrice della gente Giulia. Tuttavia l'incondizionato aiuto da essa portato ai Troiani si ricollega con la leggenda del pomo d'oro lanciato dalla Discordia perché venisse concesso alla dea piú bella. In quell'occasione Zeus ordinò ad Ermes di condurre Era, Atena ed Afrodíte sul monte Ida (nella Tròade), dove furono giudicate da Pàride, il quale - quantunque Era lo allettasse con la lusinga di un vastissimo regno e Atena con l'invincibilità in combattimento - diede la palma della vittoria ad Afrodíte, che gli aveva promesso la mano di Elena. Cosí la dea si schierò coi Troiani per tutta la durata della guerra. E' da ricordare quando avvolse dentro una fitta nebbia Pàride nel duello con Menelào, salvandolo da sicura morte, e difese Enea da Diomede, che però le trapassò una mano con la lancia. Altri mortali aiutò a conseguire ambite nozze, come Peleo invaghito della ninfa marina Tetide; e altri per contro fieramente punì perchè rifuggivano da impudichi intrighi ed è qui appunto dove appare nella sua maggiore infamia l'immoralità della mitologia pagana. Così punì il Buon Ippolito e lo rese infelice facendo che la matrigna Fedra s'innamorasse di lui, e il giovane Narciso, il quale sdegnava i favori della Ninfa Eco, facendo che si invaghisse perdutamente di se stesso. Diverse altre leggende ci parlano delle violente collere e delle terribili maledizioni di Afrodíte, il cui corteo comprendeva Eros, le Càriti, le Ore e varie divinità minori. In epoca tarda si fece una chiara distinzione tra Afrodite PANDEMO, Afrodite URANIA e Afrodite PONTIA; la prima era l'Afrodite terrena, protettrice anche di amori volgari; la seconda era la Dea dell'amore celeste, datrice di ogni benedizione; la terza era l'Afrodite marina, patrona della navigazione e dei naviganti. Così il dominio di Afrodite s'estendeva su tutta quanta la natura. Merita di essere ricordata in particolare la leggenda dell'amore di Afrodite per Adone, figlio di Fenice e di Alfesibea. Leggenda d'origine asiatica, e sebbene più volte e in più modi trattata e ampliata dai poeti greci, lascia trasparire il suo senso primitivo naturalistico. Racconta dunque che il bel giovane, di cui Afrodite era innamorata, morisse durante una caccia, ucciso da un cinghiale. Ella, addoloratissima, pregò Zeus di richiamarlo in vita; ma intanto se n'era anche invaghita Persefone, Dea dei morti e non lo voleva rendere. Alfine Zeus sentenziò che per una parte dell'anno rimanesse Adone nel regno delle ombre, e nel resto dell'anno tornasse tra i vivi. Evidentemente la bestia che uccide Adone è il simbolo dell'inverno, il cui freddo sole fa spegnere la vita della natura e Adone è la natura stessa che riprende vigore al ritorno periodico della primavera.

AFRODITE ITALICA

Venere è stata una delle più importanti Deità dell'Italia antica, la Dea della primavera, del sorriso della natura, le era sacro il mese dei fiori, Aprile. Il nome stesso di Venere significa bellezza e grazia. Però in Italia questa Dea. dalla bellezza unica ed ammaliante, ebbe anche un'importanza politica, credendosi ch'ella esercitasse una benefica influenza sulla concordia fra i cittadini e sulla socievolezza tra gli uomini. Dall'importanza che il culto di una tale Dea aveva presso i Latini, si ebbe che quando Venere si fuse con Afrodite, e le leggende di questa furono accolte in occidente, facile ascolto trovò anche la leggenda di Enea, detto figlio di Venere, e fondatore della stirpe romana. In Roma v'erano tre santuari di Venere, quello della dea Murcia, della Cloacina e della Libitina. Murcia è colei che addolcisce, quindi la Dea che accarezza l'uomo e ne seconda le passioni; più tardi si identificò Murcia a Murtea, e si pensò a una Dea del mirto (simbolo di casto amore); un tempio in onore di costei sorgeva a piedi dell'Aventino presso il Circo Massimo, che si voleva fabbricato dai Latini ivi stanziati per opera di Anco Marzio. Il tempio di Cloacína si trovava vicino al Comitium, forse in quel punto ove la cloaca maxima entrava nell'area del foro e ricordava la riconciliazione tra Romani e Sabini dopo il ratto delle Sabine. Infine Libitina era Dea dei morti; nel suo tempio, di cui non si è mai riusciti a trovare il luogo,si conservavano gli arredi necessari per i trasporti funebri. Nè faccia meraviglia che la Dea del piacere (libet) divenisse Dea dei morti; spesso nell'antica mitologia la vita più rigogliosa è messa in qualche rapporto colla morte, e anche qui può dirsi che gli estremi si toccano. A queste forme più antiche del culto latino di Venere se n'aggiunsero col tempo delle altre, segnatamente quello della Venus Victrix onorata di un tempio sul Campidoglio, e della Venus Genetrix venerata soprattutto da Giulio Cesare che faceva discendere da lei per via di Enea la sua famiglia, e che a lei votò un tempio dopo la vittoria di Farsalo; questo tempio fu costruito con grande sfarzo nel settembre del 46 A C.


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http://www.eracle.it/mitologia/afrodite.asp



Dalla Saggezza diDeboraSelma

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