venerdì 20 gennaio 2012

EPONA


Questa era un'altra delle feste dedicate alla dea celtica dei cavalli , il cui culto era estremamente diffuso nella Gallia orientale e lungo la frontiera germanica. Epona era talmente popolare da essere onorata con festeggiamenti anche a Roma, fatto senza precedenti per una divinità gallica. In alcune occasioni era associata alle divinità madri celtiche e in Germania veniva raffigurata come tre volte tale (evidente simbologia in comune con Ecate e la sua triplicità).

Epona è per antonomasia la divinità femminile protettrice dei cavalli. Il suo nome deriva infatti dalla parola celtica "epos" che significa appunto "cavallo" (“epa” al femminile, cavalla).
Per i celti il cavallo era molto importante, al punto tale che essi non ne mangiavano per alcun motivo le carni ed Epona era una delle divinità più venerate, e tra le sue altre funzioni, conferiva la sovranità.
La "Dea dei cavalli" celtica racconta di un popolo dalla mentalità profonda, legato ad una concezione magica del creato e alla tradizione dei rituali druidici.

Il culto di Epona era diffuso soprattutto in Gallia e in Renania tra le tribù degli Edui, dei Lingoni e dei Treveri ma comparve anche in aree più remote come la Britannia e l'Iberia. Anche in Romania ed in Iugoslavia si sono trovate delle iscrizioni che la citano come divinità.
I re irlandesi celebravano una cerimonia della “nascita simbolica” da Epona sotto forma di un puledro bianco, durante le cerimonie di proclamazione della loro regalità. In altre cerimonie, gli stessi re si “coniugavano ritualmente” con la dea Epona nel matrimonio sacro, per completare il proprio potere.
Epona è l’unica dea celtica adottata dai romani. È possibile che la sua comparsa in Britannia sia collegata alla presenza delle truppe legionarie romane ma è, senza dubbio, una divinità celtica e si presuppone che le varie tribù celtiche della Britannia venerassero già da tempo una divinità femminile benigna, connessa con i cavalli ed il possesso di beni materiali, che era portatrice di salute e fecondità alle cavalle e donatrice di benessere ai semplici.

La dea poteva assumere l'aspetto di una donna, di una cavalla, oppure quello di un fiume in piena; le sue immagini compaiono in molti contesti celtici, ma ci sono molte variazione e localizzazioni. Infatti, se è vero che la sua adozione come dea romana ha contribuito a spargere il suo culto in tutto il territorio dell’Impero, il fatto stesso rappresenta un importante esempio dell’influenza celtica sulla civilizzazione romana: Epona era l'unica dea celtica importata ufficialmente a Roma dove ha avuto anche un suo onore un festival con grandi banchetti, il 18 dicembre.
Alcune epigrafi indicano che molti suoi devoti erano membri delle unità della cavalleria (nonostante normalmente fossero le divinità romane maschili ad essere associate ai cavalli e la cavalleria fosse certamente un dominio maschile a Roma). Infatti più che una “dea della cavalleria romana” era la protettrice di chiunque lavorasse o avesse rapporti d'affari concernenti i cavalli.
La dea comunque presiedeva soprattutto la salute e la fertilità degli animali. Montava lateralmente, alla maniera antica femminile e niente, nel linguaggio figurato, consente di definirla una divinità di guerra. Epona reggeva spesso oggetti di fertilità e nutrimento, piuttosto che armi: un piatto da cui un puledro si alimenta, della frutta o una cornucopia.
La Dea, rappresentata sempre in compagnia di uno o più cavalli, con ceste di grano o frutta ai suoi piedi, in alcune raffigurazioni portava appesa alla cintura una chiave come simbolo della sua capacità di aprire le porte dell'oltretomba e di favorire così la "rinascita".
Epona era associata anche all'acqua dei fiumi e al latte, nutrimento essenziale per i Celti ed - oltre che ai cavalli - agli asini, ai muli e ai buoi.

Il simbolo del cavallo con un cavaliere in groppa è uno psicopompo del viaggio finale delle anime.
Sia nel regno della vita che in quello della morte, Epona era un simbolo forte di indipendenza, di instinto e dell’unione delle capacità vitali di consolidamento e di intuito. Simbolizzava anche i caratteri dei cavalli come gioia di vivere, indipendenza e potenza di natura.
Epona è spesso associata alle dee Rhiannon del Galles e Macha dell’Irlanda: in tutte le leggende legate a queste due divinità sono ritratte le qualità eroiche femminili, pronte alla dedizione.
Ancora nel medioevo cristiano la figura di Epona era venerata come una “santa” protettrice dei cavalli mentre il simbolo del cavallo bianco è stato assorbito nell’iconografia cristiana come simbolo di purezza e, tuttora, molti santi sono raffigurati su cavalli bianchi.

* L’addomesticamento più antico del cavallo, se non emergono reperti precedenti, dovrebbe essere avvenuto circa 4.500 anni fa in Europa, ad opera dei pastori che abitavano l’attuale Ucraina, fra Polonia e Romania. A rivelare la data approssimativa, vi sono lì dei giacimenti in cui sono stati rinvenuti resti ossei di cavalli datati con il carbonio sepolti insieme a manufatti per cavalli, come per esempio un morso in corno di cervo.

L’iconografia
Come dea lunare, Epona è descritta spesso con una cornucopia, simbolo di abbondanza e di energia vitale. Spesso alimenta i cavalli con frutta, mais o particolarmente con mele.
Epona è sempre ritratta a fianco di almeno un cavallo, o sulla sua groppa. Spesso è con un gruppo di parecchi cavalli. Altre volte la si vede in compagnia di un puledro che mangia da una patera tra le sue mani o che dorme vicino agli zoccoli della cavalla da lei montata.
In altre immagini è descritta fra due cavallini che si alimentano da un piatto sul suo grembo. E’ comune che compaiano anche dei cani o degli uccelli che la seguono. Gli uccelli spesso erano tre, provenienti dall’aldilà, “dalla patria degli dei”, e la loro canzone aveva la forza magica di far risuscitare dalla morte e di guarire dalla tristezza e dal dolore.
A volte è nuda, a volte indossa un ampio mantello.
C’era un santuario dedicato a lei in Borgogna, una regione particolarmente ricca di sue immagini.
Una statua di Epona proveniente da Alesia nell’est della Francia (uno dei suoi centri di culto originari) è un esempio superbo del suo modo di montare lateralmente all’antica maniera femminile.
Ci sono inoltre statue che la mostrano insediata in un trono, con due puledri di lato (Epona da Schwarzenacker).
Spesso intorno alle sue immagini vi sono delle rose e sappiamo da Apuleio (L’asino d’oro) che le rose fresche venivano offerte sui suoi altari, che spesso erano all’interno delle scuderie.

Era venerata anche sotto l’aspetto di cavalla bianca, molto probabilmente perché il bianco è stato sempre considerato un colore "puro", con connotazioni spirituali profonde, ed anche perché nei cavalli era raro.
Il culto del cavallo certamente si era sparso in Gran-Bretagna dall'età del bronzo. La più famosa delle antiche raffigurazioni equine, il cavallo bianco di Uffington, è stato datata intorno 1400 a.C.



Questa figura intagliata in profondità nel gesso solido di una collina del Berkshire, descrive la sagoma stilizzata di un cavallo, unita ad elementi di uccello e di drago.
Molti ipotesi sono state fatte sulla provenienza di questa figura, alcune collegate ad una grande sconfitta dei danesi, ma soprattutto alle figure mitiche dei principi Hengist e Horsa ("stallone" e "cavalla"), tuttavia è possibile che il culto del cavallo fosse presente in questo luogo dal periodo neolitico.
Il cavallo di Uffington è abbastanza chiaramente femminile (come sono tutte le raffigurazioni antiche di cavalli bianchi in Britannia).


La devozione
La protezione degli equini non è il solo campo di azione di Epona. Come dea dei cavalli Epona aveva speciale forza e significato, era simbolo di regalità, d’importanza e valore materiale. Molte immagini la descrivono come dispensatrice di nutrimento e la cornucopia dell’abbondanza, che ricorre costantemente, estende il suo potere in tutti i campi della prosperità.
Inoltre ha grandi poteri terapeutici connessi con la sofferenza degli animali di cui è protettrice, ma anche con la protezione degli esseri umani che con gli stessi animali hanno frequentazioni.
Epona è sicuramente stata in origine una dea dei cavalli, ma la sua funzione, oggi, include i poteri delle acque risanatrici, il nutrimento delle creature, e la custodia del riposo delle anime dei morti. Per analogia, inoltre è protettrice di tutte le creature forti e amanti della vita selvaggia, sportiva, dell’immersione nella natura, di chi ama correre e saltare, viaggiare o intraprendere un cammino (anche spirituale), di chi è forte e indipendente, di chi possiede uno spirito indomito.

Purtroppo non è rimasto niente degli antichi miti a lei connessi, tanto che addirittura sembra che il suo culto non avesse misteri speciali (pur essendo molto popolare), ma anche se le fonti storiche del suo culto passato sono perdute, non è difficile capire QUANDO ci può essere vicina: in tutte le donne esiste una creatura selvaggia e forte, molto potente anche se sommersa, che aspira a correre nel vento libera, annusando i profumi dei fiori. E in tutti gli uomini c’è una potenza serena e costante, una forza pacifica, tranquilla e invincibile nascosta sotto gli strati culturali.
Queste creature, piene di energia senza stress, che vivono profondamente sotto la nostra pelle di tutti i giorni, devono molto a Epona e da lei sono nutrite: a lei il potere di farle emergere!
Con la rinascita di interesse nella “Vecchia Religione”, le basi per la nuova religione Wicca poste da Gardner nello scorso secolo e la relativa rivalutazione del divino al femminile, Epona potrebbe cominciare a riemergere dalle ombre riprendendo il suo legittimo posto nella nostra spiritualità, dopo gli anni di esilio che sono stati riservati a tutte le divinità più antiche.


La meditazione
Per avvicinarsi a Epona il modo più efficace è di cercare un maneggio; ormai ce ne sono quasi dappertutto (ma cercatene uno dove i cavalli siano amati e bentrattati!).
Generalmente i visitatori sono ben accetti, se educati. Dopo qualche visita non vi sarà difficile accarezzarli: il senso iniziale di timore sarà superato dall’attrazione per la loro quieta bellezza, mentre sono nei box, a riposo e sporgono la testa curiosi di voi.
Offrite loro delle mele. Abbracciatene uno, meglio se femmina, sentite la flessibilità del suo collo, la forza immensa e dolce dei muscoli. State in ascolto. Guardate i suoi occhi dolcissimi e profondi, invocate su di voi il suo spirito: la potenza di Epona.
Magari continuerete così per altre visite, magari vi verrà voglia di concedervi una lezione e di montarlo…

In alternativa, se non c’è maneggio o avete timore insuperabile dei grandi animali, concedetevi una bella corsa a piedi in un prato, saltellando come quando eravate piccoli, nitrite, sbuffate, saltate, scalciate, mettetevi al trotto e al galoppo… sentitevi liberi e selvaggi, forti, sudati e felici!

Neanche questo vi convince?
Allora vi regalo una poesia:

Dove nel vasto mondo c’è aristocrazia senza arroganza?
Dove l’amicizia senza l’invidia?
Dove la bellezza senza vanità?
Qui dove la grazia si accoppia con la forza,
e la violenza viene domata dalla dolcezza.
Il regno del cavallo



Il mito
Nessun vero mito di Epona è sopraggiunto a noi. Secondo una leggenda pare che fosse la figlia di una cavalla e di un uomo e che, diventata dea, poteva ammettere la forma umana o quella equina indifferentemente.
Il suo cavallo era magico poiché, per quanto il suo passo apparisse lento e regolare, i cavalli più veloci non erano mai in grado di raggiungerlo e magica era pure la sua cornucopia, simbolo di fertilità e prosperità, che elargiva nutrimento senza mai svuotarsi.
Nel mondo latino a volte era nominata nella forma plurale “Eponabus”, che sembra essere un'indicazione di appartenenza al gruppo delle “dee triplici”.

Le interpretazioni di Epona oggi sono dissonanti: qui di seguito due estratti da interessanti articoli che pongono due versioni differenti:

Una donna “macha”, manifestazione di Epona…?
Un estratto da:
Antenate mitiche, guerriere e maghe: i Celti d'Irlanda
Il mito di Macha, di Luciana Percovich

Macha vuol dire potente - contiene la radice indoeuropea mah - ed è una manifestazione di Epona; in lei troviamo la sintesi del potere femminile di generare e la sintesi della forza e della velocità del cavallo. Quindi ha in sé l'elemento che possiamo leggere come più antico e l'elemento importato indoeuropeo. La sua storia ha quattro momenti.
La prima volta che si manifesta è quando la foresta copriva tutta la terra e allora arriva Macha e con la sua ascia - vien da pensare all'ascia bipenne cretese - pulisce il terreno per far pascolare gli animali e far crescere il grano: non tanto quindi una dea creatrice ma un'antenata mitica che prepara le condizioni perché il suo popolo, il suo clan possa prosperare.
Più avanti nel tempo, sulla terra che lei aveva ripulito e preparato …

Nella sua quarta apparizione, l'ultima, decide di tornare come una povera contadina e mentre gira in cerca di ospitalità la accoglie nella sua casa un giovane vedovo, Crunnchu. Le offre da mangiare e allora lei si dà da fare in casa, riordina, sistema e lui le dice che bello avere di nuovo qualcuno in casa che mi fa da mangiare e mi tiene le cose a posto e le propone di restare con lui e di sposarsi. Lei accetta perché sta bene con lui, è simpatico e gentile, passano giorni come istanti, ma un certo punto lui vuole un figlio.
Macha accondiscende ed il suo corpo diventa grosso di nuova vita. Nonostante il pancione, la vede muoversi con tale agilità e soprattutto correre come se i suoi piedi non toccassero terra. Proprio a questo punto gli capita di dover andare a corte per certi affari suoi, e là dopo aver bevuto quattro cinque sei birre comincia a vantarsi di questa moglie così incredibilmente agile e veloce che, dice lui, sarebbe sicuramente in grado di battere i cavalli del re.
La corte è quella del re dell'Ulster, nel nord dell'Irlanda. Una parola tira l'altra, un bicchiere tira l'altro, scommettono e lui scommette la sua testa che Macha saprà vincere i cavalli del re. Torna a casa e deve dire a Macha in quale situazione l'ha messa. Macha non crede alle sue orecchie, teme per il figlio che ha in grembo, chiede di rinviare. Ma non è possibile, ne va della sua vita. Allora lei va dal re dell'Ulster sperando che la gente a corte, vedendola in quelle condizioni, la rimandi indietro, ma invece la gente cresce di numero, sono già più di mille e tutti ridono e sghignazzano, e volano le scommesse e i boccali di birra. Conchobar, il re, offeso dall'ardire di chi ha osato mettere in dubbio la superiorità dei suoi cavalli, dà il via alla corsa.
Coi suoi bronzei capelli d'ambra che ondeggiano nel vento come una criniera, Macha taglia per prima il traguardo. Ma subito casca per terra e partorisce due gemelli; e mentre li tiene in braccio, uno da un lato e uno dall'altro, lancia una maledizione terribile su tutti gli uomini dell'Ulster per il loro orgoglio e la loro insensibilità: per nove volte nove generazioni - il numero più magico che c'è - avrebbero sofferto tutti come nelle pene del parto. E detto questo gira loro le spalle e coi gemelli abbandona per sempre l'Ulster.
Voce profetica per la storia successiva dell'Ulster, dove sembra che la maledizione di Macha ancora oggi non sia finita.


FONTI:www.ilcerchiodellaluna.it

Dalla Saggezza diDeboraSelma

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