venerdì 20 gennaio 2012

APOLLO

Apollo (Απόλλων in Greco) nel pantheon greco è il dio delle arti, della medicina, della musica e della profezia, in quanto protettore della città e del tempio di Delfi: era un dio oracolare, capace di svelare, attraverso la sacerdotessa del tempio, chiamata Pizia o Pitonessa, il futuro degli esseri umani; per questo motivo era il dio del Dodekatheon più importante nell’antichità. Apollo, figlio illegittimo di Zeus e Leto, è il patrono della poesia e capo delle Muse, infallibile con l’arco, secondo solo alla sorella gemella Artemide, con il quale può infliggere terribili pestilenze ai popoli che lo contraddicono.



Tra Greci e Romani

Nei testi letterali e mitologici greci, Apollo e Elios sono entità separate e distinte, ma nella tarda antichità greca e tra i romani, Apollo venne identificato come dio del Sole, divenendo alterego del Sol Invictus. In Grecia era comunque uno degli dei più noti e influenti, tra i luoghi di culto principali vi erano ben due città, Delfi e Delo, ma veniva adorato in altri numerosi siti presenti anche sulle rive africane del Mediterraneo, in Sicilia, in Caria e nella Magna Grecia. Il culto di Apollo venne importato a Roma direttamente dai Greci, per tale motivo non ha un equivalente romano diretto. Nel 430 a.C. venne intitolato un tempio al dio, chiamato Apollinar, in occasione di una pestilenza che afflisse la città, durante la seconda guerra punica, vennero istituiti i Ludi Apollinares, giochi in onore di Apollo. L’imperatore Augusto, in epoca imperiale, per consolidare la sua autorità, attribuì la propria discendenza ad Apollo facendolo diventare uno degli dei romani più influenti. In seguito alla battaglia di Azio, il tempio di Apollo Sosiano venne rinnovato e ingrandito, si istituirono dei giochi quinquennali in suo onore e venne finanziata la costruzione del tempio di Apollo Palatino, sull’omonimo colle dove furono conservati i Libri Sibillini. In onore del dio, e per compiacere l’imperatore, Orazio compose il carmen saeculare.



Nascita del culto

Le origini del culto si perdono nella notte dei tempi, gli studiosi credono che il santuario di Pito avesse un’antica religione ctonia legata al culto della Grande Madre. Il racconto di Eschilio su Apollo, che riceve il santuario da Gea, Febe e Temi, e l’uccisione del serpente Pitone, tenderebbe a confermare questa teoria. Recentemente ne è stata formulata un'altra che intreccia una nuova, non identificata divinità, alla vicenda cadmea in Europa e a quella dell’alfabeto portato dallo stesso Cadmo in Beozia. Nell’alfabeto, di provenienza siro-palestinese, tale divinità semitica era l’assoluta detentrice. Il santuario di Pito era stato dunque occupato da una divinità non greca la quale però venne a sua volta grecizzata, da quanto si intende nel racconto erodoteo sulla cacciata dei Cadmei, ovvero semiti, da parte degli Argivi. La divinità manteneva alcuni caratteri orientali: ineffabilità, figura androgina, l’aspetto di cacciatore e inseguitore del lupo (da cui Apollo Liceo), l’ambiguità, ma anche salvatore e liberatore. Con la calata dei Dori il tempio venne distrutto e più tardi ricostruito in linea con la nuova religione. Il nuovo dio androgino di origine semitica entrò a far parte dell’Olimpo sdoppiandosi in Apollo e Artemide. Secondo queste teorie la E apud Delphos ( la lettera alfabetica Y posta tra le colonne d’ingresso del santuario apollineo) di cui parla lo storico Plutarco, e la È che stava alla base dell’epifonema esprimente “acuto dolore” dei fedeli, potrebbe fornire la prova che il nome Apollo fosse derivato da un A/E-pollòn (il grido di dolore “ah!eh!” esclamato più volte, così come testimoniato dalla letteratura greca e paratragica).



Caratteristiche e epiteti

Apollo viene raffigurato spesso con una cetra, un arco, un tripode sacrificale, simbolo dei suoi poteri profetici, una corona d’alloro, simbolo della vittoria, sotto il quale, secondo alcune leggende, il dio è nato. Gli animali sacri al dio erano i cigni per la loro bellezza, i lupi, le cicale, che simboleggiano la musica e il canto, falchi, corvi e serpenti, che si riferiscono ai suoi poteri oracolari. Tra gli animali mitologici, figura il grifone. Per riflettere i diversi ruoli e le diverse caratteristiche di Apollo, gli sono attribuiti diversi epiteti:
Febo, letteralmente splendente, lucente, riferendosi sia alla sia bellezza sia al legame con il sole,
Akesios, o Latros, o Medicus, tra i romani, riferendosi al ruolo di protettore della medicina e dei guaritori, in quanto padre di Esculapio
Alexikakos, o Apotropaeos, o Averruncus tra i romani, significanti “colui che scaccia il male”, riferendosi sia al già citato ruolo di patrono dei medici, sia al potere di scatenare e tener lontano malattie e pestilenze
Aphetoros (dio dell’arco), o Argurotoxos (dio dall’arco d’argento), o Articenens (colui che porta l’arco) in quanto protettore degli arcieri
Archegates, colui che guida la fondazione, perché patrono di molte colonie greche oltremare
Lyceios, o Lykegenes, possono riferirsi al lupo o alla terra di Licia, regione nella quale alcune leggende dicono che sia nato
Loxias (l’oscuro) e Coelispex (colui che scruta i cieli) riferendosi alle capacità oracolari
Musegete o Musagete, capo delle Muse.

Miti e amori

Non si può dire che nella sua adolescenza Apollo fosse un dio tranquillo e pacifico, colo crescendo ha imparato a essere equilibrato e a contenere la sua forza distruttrice. Apollo nacque dall’unione di Zeus e Leto, o Letona. Quando era ancora all’interno della pancia della madre, assieme alla sorella gemella Artemide, la regina degli dei, Era, volle vendicarsi del tradimento del marito proibendo alla futura madre di partorire su terra ferma, isola o continente che fosse. Leto vagò per molto tempo fino a quando i suoi passi la portarono a Delo, un’isola appena formata e non ancora ancorata al fondale marino, dove quindi poté partorire Artemide e successivamente Apollo, dopo nove giorni di travaglio, durante il plenilunio, con l’aiuto dalla figlia, tra un olivo e una palma di datteri. Delo da allora si immobilizzò e per decreto divino nessuno può più nascervi o morirvi: i matali e le donne incinte vengono trasportate a Ortigia. Secondo altri miti Era fece perseguitare Latona da un serpente in modo che nessuno potesse ospitarla, cosa che fece più tardi Poseidone, impietositosi. E’ facile trovare tutti questi miti precedenti mischiati tra loro con varie sfumature. Un ennesimo mito sulla nascita dei due gemelli, racconta che Era, pur di proibire la venuta al mondo dei frutti del tradimento del marito, rapì la dea del parto Ilizia, solo quando tutti gli dei dell’olimpo le regalarono una collana d’ambra di nove metri, la dea decise di tornare sui suoi passi e lasciare che Leto partorisse. Apollo nacque di sette mesi, Temi lo nutrì con nettare di ambrosia e dopo quattro giorni già chiese arco e frecce che Efesto subito gli procurò.

La sua più grande impresa giovanile, fu quella di uccidere il drago Pitone all’interno della sua grotta presso Delfi poiché aveva tentato di stuprare Leto mentre era ancora incinta. Gea punì Apollo obbligandolo a farsi purificare. L’amore per la madre venne espresso con un altro episodio: il dio si vendicò della regina di Tebe, Niobe, che si vantava con Lato di aver avuto ben quattordici figli, sette femmine e sette maschi, mentre l’altra donna che aveva avuti solo due. Apollo e Artemide, muniti d’arco, uccisero Niobe e tutti i suoi figli, tranne un maschio e una femmina. Il dio sfidò il satiro Marsia in una gara musicale per il suo ardire poco rispettoso nei confronti di Apollo; le Muse, scelte come arbitri, non sapevano decidersi, così Apollo sfidò il satiro a suonare lo strumento al contrario, cosa semplice per lui che suonava la lira, un po’ meno semplice per Marsia che suonava il flauto. Il satiro fu legato a un albero e scorticato. Apollo sfidò anche lo stesso Pan in una gara musicale, dio dal quale aveva ottenuto con blandizie i poteri divinatori. Il giudice della contesa fu Tmolo, dio della montagna omonima in Lidia, che per quanto fu ammaliato dalla dolce musica di Pan, non poté che dichiarare migliore quella di Apollo. Mida, che aveva assistito alla competizione, non si dichiarò soddisfatto e, per castigarlo, le sue orecchie furono tramutate in quelle di un asino.

Una volta ucciso Pitone, Apollo si impadronì dell'oracolo di Delfi. Artemide e Latona lo raggiunsero, la madre si appartò in un boschetto vicino per compiere alcuni riti quando il gigante Tizio cercò di violentarla. Inutile dire che alle grida della donna i due dei la raggiunsero e uccisero il gigante. Zeus, seppure ne era il padre, giudicò la cosa come un pio atto di giustizia. Apollo si scontrò duramente con Zeus quando questo uccise Asclepio, figlio di Apollo, per aver osato resuscitare i morti con il suo talento medico. Apollo per vendetta massacrò i ciclopi che avevano forgiato i fulmini di Zeus. Il giovane dio fu costretto dal padre a servire l’umano Admeto, re di Fere, per nove anni che passò facendo il pastore, trattato con amore e modi gentili. Allo scadere della punizione, Apollo concesse al re un dono: le sue mucche avrebbero partorito solo figli gemelli, in seguito l’aiutò a ottenere la mano di Alcesti che, per volere del padre, avrebbe potuto sposare solo chi fosse riuscito a mettere il gioco a due bestie feroci, regalandogli un carro trainato da un leone e un cinghiale. Durante questo periodo Apollo venne ingannato da Ermes che gli rubò un gregge con l'astuzia, con gli intestini creò la lira. Quando il dio scoprì il ladro, si irò molto ma lo strumento, con la sua dolce musica, lo placò. Apollo lasciò a Ermes il bestiame e il compito d'essere il dio dei pastori e fece della lira uno dei suoi simboli. Apollo in seguito predicò la moderazione in ogni cosa: le frasi "Conosci te stesso" e "Nulla in eccesso" erano sempre sulle sue labbra. Indusse le Muse ad abbandonare la loro sede sul monte Eliconia per trasferirsi a Deli, domò la loro furia selvaggia e insegnò loro a intrecciare danze decorose e garbate.

Apollo si unì a molte ninte e donne mortali, generando numerosi figli. Tra queste ricordiamo la ninfa Driope che custodiva le greggi del padre assieme alle amiche, le Amadriadi: il dio si tramutò in una tartaruga, lasciandosi avvicinare, e quindi in un serpente facendo scappare le fanciulle tranne Driope. Non sempre ha avuto successo, come con Marpessa che non riuscì a sottrarre al marito Ida, o con Dafne, ninfa dei monti, sacerdotessa della Madre terra che, pur di sfuggire al dio, si fece trasformare in un albero di alloro. Apollo intrecciò una corona con le sue foglie per consolarsi. Apollo fu il primo dio a innamorarsi di un ragazzo, Giacinto, eliminando un suo contendente, Tamiri, il primo uomo che concupì un individuo del suo sesso, comunicando semplicemente alle Muse che questi si vantava d'essere meglio di loro nelle arti. Ma anche il Vento dell'Ovest era innamorato di Giacinto e ingelosito causò la morte dell'umano quando i due stavano giocando al lancio del disco. Apollo ferì mortalmente l'amante e dal sangue versato nacque il fiore di giacinto. Uno dei figli più con cosciuti di Apollo è Aslepio, che nacque da Coronide la quale però lasciò poi il dio per scappare con un altro uomo. Quando il corvo riferì l'accaduto al dio, questi non volle credergli e punì l'uccello facendolo diventare tutto nero, prima infatti era bianco come la neve. Apollo quando scoprì la verità fece uccidere la donna da Artemide ma salvò il bambino affidandolo al centauro Cjirione che gli insegnò l'arte medica. Il corvo divenne sacro ad Apollo e gli fu concesso di poter prevedere le morti imminenti. Per sedurre Cassandra, una volta, le promise il don o della profezia ma questa, dopo aver accettato inizialmente, si tirò indietro, quindi il dio la punì facendo in modo che non venisse mai creduta.

Durante la guerra di Troia, Apollo si schierò contro i greci, infuriato in particolar modo con Agamennone per avre rapito Criseide, la figlia di un sacerdote di Apollo. Il dio decimò con il suo arco le sue schiere fino a quando il re non lasciò andare la donna per prendere Briseide, schiava di Achille. Durante la guerra aiutò Enea in un combattimento e Paride, che uccise Achille, sostenne anche Ettore e Euformo mentre si scontravano con Patroclo: lo confuse, sciolse la sua armaura e la punta della sua lancia.


Dalla Saggezza distregadellaterra

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